sabato 12 febbraio 2011

RECENSIONI: SOULFLY - OMEN

Sebbene sia uscito ormai da qualche mese, questo è un disco che non si poteva tralasciare, Max Cavalera e i suoi  tornano in pista e spingono maledettamente sull’acceleratore. Forse questo è l’episodio più veloce della storia dei Soulfly, dove si mettono da parte le contaminazioni di world music e nu metal degli ultimi anni e si va dritti al sodo: trash/death metal come non ne sentivamo dai primi Sepultura. Se nei lavori precedenti Max sembrava legato a “Chaos A.D.” (stupendo), adesso si scrolla le spalle, forse guarda un po più indietro, ottenendo risultati di tutto rispetto.

Appena premo play sul mio lettore cd, le casse mi vomitano addosso lo stupendo punk/thrash di “Bloodbath and Beyond”, qualcuno voleva forse approcciarsi piano piano all’album? No qui si dichiara la guerra ai vostri padiglioni auricolari dal primo istante, due minuti e mezzo di violenza, ritornelli ripetitivi e cambi di tempo.
Segue come un treno pronto a macinarvi “Rise of the fallen”, addirittura qui abbiamo come ospite Greg Puciato  dei The Dillinger Escape Plan, canzone che (anche lei) si trasforma con cambi di tempo e assume in alcune parti la conformazione del death metal nordeuropeo. Personalmente adoro i cambi di tempo, mantengono l’attenzione alta.  Con  “Greath Depression” si torna sull’accelleratore, rallentando solo per urlare il groovoso refrain, un pezzo che vi farà tornare in mente alcuni  lavori degli Slayer. La traccia successiva ci regala un’altra ospitata, in “Lethal Injection” troviamo  Tommy Victor dei Prong. Forse il pezzo che all’inizio mi piace di meno fino ad ora, se non fosse per quelle adorabili sovrapposizioni di tempo e improvvise accelerazioni.
Ma siamo arrivati alla mia track preferita: ”Kingdom”. Un riff epico ci accoglie, per poi esplodere dopo 4 battute nella più classica delle entrate di Max insieme alla batteria.  Anche qui,  manco a dirlo, non mancano i cambi di tempo, i ritorni al riff principale e i ritornelli ossessivi.
I pezzi che seguono sono un po più monotoni, velocissimi e urlatissimi, ma non sono al livello dei precedenti, solo un bel revival dei primi anni 90 (nel campo del metal, si intende), almeno fino all’arrivo di “Mega-Doom”: con un titolo così se non fate una buona prova ci perdete la faccia, e i Soulfly non sbagliano, ci regalano 3 minuti abbondanti di trash/death/core.
Arrivato alla penultima canzone però, sono un po stanco a dir la verità, l’intro non è male, ma poi si torna a cavalcare anche qui velocissimo, e bisogna avere la pazienza di arrivare al cambio di tempo perché il pezzo si faccia interessante.
Il disco con “Soulfly VII”,  parte strumentale che riprende quelle dei precedenti album, niente comunque di eccezionale.

Tirando le somme se all’inizio  dell’ascolto siamo entusiasti del ritorno alle origini di Max Cavalera , dopo i primi 5-6 brani in cui si corre a tutta birra si sente la mancanza di qualcosa che spezzi un po il ritmo, di un po di sperimentazioni. Ho avuto l’occasione di ascolte il disco diverse volte, sia in viaggio che a casa, e non è facile arrivare fino alla fine: dopo l’iniziale carica, alla lunga, stanca. Ma nel panorama metal di oggi è sicuramente un disco vero e sano, senza costruzioni ne costrizioni, e inoltre è quasi una rarità trovare un disco in cui ci siano più di due canzoni decenti, e qui ne abbiamo in abbondanza. Quindi a questo disco do un bel  7 e 1/2.

Kappa. 



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