giovedì 17 febbraio 2011

RENCESIONI: BRUCE SPRINGSTEEN - THE PROMISE

Quello che ho tra le mani non è una semplice raccolta di inediti e rarità ( anche perché alcuni pezzi proprio inediti non sono ) ma una vera e propria storia, un vero “pezzo di vita” del Boss, vissuto con la dannata intensità che da sempre lo contraddistingue.
Nelle  21 tracce di questo doppio, ci sono le vere viscere del boss, c’è la rabbia, la grinta, la passione , la delusione, la lotta di un intero travagliatissimo periodo di vita di un grande artista.
Le sessioni sono quelle a cavallo tra il ’76 e il ’78, un periodo che ha visto il distacco del boss dal suo (ex) amico e manager  Mike Appel, con l’artista sottoposto a pressioni non indifferenti,  dopo il doloroso distacco ( ci fù addirittura una causa tra i due ) e la ricerca di nuove sonorità che colmassero il successo di “Born to Run “.
Dunque “The promise “ è in pratica una raccolta alternativa, chiamiamola cosi, di tutte quelle canzoni che non videro mai luce in “Darkness”,  e il motivo per il quale non vennero inserite per alcune tracce salta all’orecchio, si nota infatti a mio avviso un po’ confusione nell’enfasi della ricerca della giusta direzione di qualche traccia, ma ovviamente parlando del Boss, tutto diventa moooooolto opinabile, sarà sicuramente Terreno di confronto per i fan più sfegatati.
Comunque il maxi disco ci offre anche vere e proprie  perle , tra cui delle canzoni che, ufficialmente non hanno fatto parte delle tracklist dei dischi di Springsteen nonostante abbiano più di trenta anni, ma che sono state suonate sui palchi di tutto il mondo, a cominciare da “Because the Night “ ( che il Boss “regalò” a Patti Smith ) che in questo disco è forse meno “corposa” rispetto alle versioni live del Boss e della stessa Smith.
Si va avanti con “Fire”, “Racing in The Street “ in una versione decisamente più corposa e abbellita con tanto di violino, a ancora la stessa “The Promise” che racchiude in se il significato stesso di tutto il disco, nello spaccato intimo che rappresenta.
Per concludere, sul disco ce ne sarebbero di cose da dire, ma vorrei evitare di concedere eccessive lodi, e di rompermi le palle nella retorica, ergo , basta cosi.
Il Boss resta sempre il Boss, può piacere o non piacere, ma resta indiscutibilmente, oltre ad un importante personaggio della storia del Rock, un esempio di incazzata coerenza.
Qualcuno ha definito il disco l’anello di congiunzione tra “Born to Run” e “Darkness”, non potrei essere più che d’accordo.

ANTO

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